VATICANO E ISRAELE: I CONSIGLI DI REAGAN
Dal Rapporto dell’ambasciatore William A. Wilson
Originario di Los Angeles, dov’era nato il 3 novembre 1914, laureato in ingegneria meccanica alla Stanford University, ex capitano dell’esercito durante la seconda guerra mondiale e Presidente della Web Wilson Oil Tools Inc., l’azienda di famiglia poi venduta nel 1960, William A. Wilson era stato un grande sostenitore dell’allora Governatore della California, Ronald Reagan, che divenuto Presidente degli Stati Uniti lo nominò, l’11 febbraio 1981, suo rappresentante personale presso la Santa Sede.
Com’è noto, esattamente tre anni dopo Reagan avrebbe superato il divieto, imposto agli Stati Uniti da una legge americana del 1867, di avere relazioni diplomatiche col Vaticano in ossequio al principio di separazione tra Stato e Chiesa; e avrebbe fatto approvare, il 10 gennaio 1984, una nuova legge di cui era stato primo iniziatore non un repubblicano, ma un rappresentante democratico del Wisconsin, Clement Zablocki, dal 1977 presidente della Commissione Esteri del Senato fino alla sua morte (1983).
Il 7 marzo 1984, dunque, William A. Wilson sarebbe stato accreditato come primo ambasciatore di Washington presso la Santa Sede. Gli Stati Uniti, dunque, potevano finalmente avere un vero e proprio ambasciatore in Vaticano, e non semplicemente limitarsi a un rappresentante personale del Presidente presso il Papa, com’era stato sino a quel momento in ossequio alla separazione tra Stato e Chiesa.
Tra gli atti politici più significativi della nuova carriera di ambasciatore di Wilson c’è un rapporto segreto molto importante.
A dire il vero, il rapporto doveva rimanere segreto ma così non fu. Già: perché Marvin Kalb, ex diplomatico professore della George Washington University di Washington DC e professore emerito presso la Kennedy School of Government di Harvard, proprio mentre il rapporto stava per arrivare sul tavolo del Presidente Reagan, da giornalista di finissima lega allora in forze alla CBS, riuscì a intercettarlo e a conoscerne il contenuto.
All'ambasciatore Wilson il rapporto era stato commissionato nel 1984 dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Oggetto? Le relazioni tra il Vaticano e Israele[1].
Qual'era precisamente il compito di Wilson? «Su istruzioni della Casa Bianca», e quindi del Presidente Reagan (che era alla scadenza del suo primo mandato presidenziale), Wilson doveva eservitare esercitò «pressioni sul Vaticano affinché esso instauri relazioni diplomatiche con Israele».
Ma come aveva fatto il professor Kalb a entarre in possesso del documento? «Kalb – si legge in un preoccupato rapporto confidenziale del Consiglio di Sicurezza Nazionale, datato 19 ottobre 1984 – ha avuto questa notizia da fonti vaticane, compresa l’affermazione secondo cui Wilson avrebbe sollevato la questione su istruzioni della Casa Bianca». E Kalb, che in quel comento faceva bene il suo mestiere di giornalista, avrebbe dato notizia di tutto ciò la sera stessa.
Ed ecco dunque le contromisure della Casa Bianca, riportate in un documento segreto che abbiamo davanti (parzialmente “oscurato” per ovvie ragioni di privacy, data la vicinanza degli eventi):
«Il Dipartimento di Stato sta preparando una guida secondo le seguenti linee: noi incoraggiamo tutti i Paesi ad avere relazioni diplomatiche con Israele; non facciamo commenti su scambi diplomatici di carattere privato».
Se si volesse dare una lettura da analista della storia diplomatica, osserveremmo quanto segue:
a) L’incoraggiamento dell’America a intrattenere relazioni diplomatiche con Israele era indirizzato a tutti i Paesi;
b) dopo la legge varata da Reagan nel 1984, anche il Vaticano era ormai equiparato agli altri Paesi, mentre per la legge del 1867 esso era solo una “Chiesa”;
c) per proprietà transitiva, anche il Vaticano era incoraggiato a intrattenere relazioni diplomatiche con Israele.
Erano forse già avviati scambi diplomatici privati, probabilmente triangolari tra Santa Sede, Stati Uniti e Israele per il reciproco riconoscimento tra Israele e Santa Sede (cercando di superare l’annosa questione di Gerusalemme e dei Luoghi Santi; per non parlare di quella palestinese), su cui tuttavia l’Amministrazione americana preferiva non commentare.
Non appena dunque Stati Uniti e Vaticano allacciarono relazioni diplomatiche nel vero senso della parola [2], uno dei primi atti di Washington fu dunque di premere presso Giovanni Paolo II, affinché intavolasse trattative per l’allacciamento di relazioni diplomatiche anche con lo Stato d’Israele. Il che significava, in altri termini, una richiesta pressante affincjé la Santa Sede riconoscesse ufficialmente Israele.
Doveva passare ancora dell’acqua sotto i ponti della diplomazia perché ciò avvenisse. Ma i pilastri dei ponti tra Vaticano e Gerusalemme erano stati ormai piantati.
NOTE
[1]George Washington University, William Wilson Papers, Series 5, Subject Files, I: Embassy Files, Box 3, fold 52: US Embassy, Vatican: Memoranda Jan.-Dec. 1984.
[2] Sul punto vedasi da ultimo Andrew M. Essig, Jennifer L. Moore, U.S.–Holy See Diplomacy: The Establishment of Formal Relations, 1984, The Catholic Historical Review - Volume 95, Number 4, October 2009, pp. 741-764. Nonché Raymond L. Flynn, Letter from the Vatican: Common Objectives for Peace SAIS Review - Volume 16, Number 2, Summer-Fall 1996, pp. 143-153.
Originario di Los Angeles, dov’era nato il 3 novembre 1914, laureato in ingegneria meccanica alla Stanford University, ex capitano dell’esercito durante la seconda guerra mondiale e Presidente della Web Wilson Oil Tools Inc., l’azienda di famiglia poi venduta nel 1960, William A. Wilson era stato un grande sostenitore dell’allora Governatore della California, Ronald Reagan, che divenuto Presidente degli Stati Uniti lo nominò, l’11 febbraio 1981, suo rappresentante personale presso la Santa Sede.
Com’è noto, esattamente tre anni dopo Reagan avrebbe superato il divieto, imposto agli Stati Uniti da una legge americana del 1867, di avere relazioni diplomatiche col Vaticano in ossequio al principio di separazione tra Stato e Chiesa; e avrebbe fatto approvare, il 10 gennaio 1984, una nuova legge di cui era stato primo iniziatore non un repubblicano, ma un rappresentante democratico del Wisconsin, Clement Zablocki, dal 1977 presidente della Commissione Esteri del Senato fino alla sua morte (1983).
Il 7 marzo 1984, dunque, William A. Wilson sarebbe stato accreditato come primo ambasciatore di Washington presso la Santa Sede. Gli Stati Uniti, dunque, potevano finalmente avere un vero e proprio ambasciatore in Vaticano, e non semplicemente limitarsi a un rappresentante personale del Presidente presso il Papa, com’era stato sino a quel momento in ossequio alla separazione tra Stato e Chiesa.
Tra gli atti politici più significativi della nuova carriera di ambasciatore di Wilson c’è un rapporto segreto molto importante.
A dire il vero, il rapporto doveva rimanere segreto ma così non fu. Già: perché Marvin Kalb, ex diplomatico professore della George Washington University di Washington DC e professore emerito presso la Kennedy School of Government di Harvard, proprio mentre il rapporto stava per arrivare sul tavolo del Presidente Reagan, da giornalista di finissima lega allora in forze alla CBS, riuscì a intercettarlo e a conoscerne il contenuto.
All'ambasciatore Wilson il rapporto era stato commissionato nel 1984 dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale. Oggetto? Le relazioni tra il Vaticano e Israele[1].
Qual'era precisamente il compito di Wilson? «Su istruzioni della Casa Bianca», e quindi del Presidente Reagan (che era alla scadenza del suo primo mandato presidenziale), Wilson doveva eservitare esercitò «pressioni sul Vaticano affinché esso instauri relazioni diplomatiche con Israele».
Ma come aveva fatto il professor Kalb a entarre in possesso del documento? «Kalb – si legge in un preoccupato rapporto confidenziale del Consiglio di Sicurezza Nazionale, datato 19 ottobre 1984 – ha avuto questa notizia da fonti vaticane, compresa l’affermazione secondo cui Wilson avrebbe sollevato la questione su istruzioni della Casa Bianca». E Kalb, che in quel comento faceva bene il suo mestiere di giornalista, avrebbe dato notizia di tutto ciò la sera stessa.
Ed ecco dunque le contromisure della Casa Bianca, riportate in un documento segreto che abbiamo davanti (parzialmente “oscurato” per ovvie ragioni di privacy, data la vicinanza degli eventi):
«Il Dipartimento di Stato sta preparando una guida secondo le seguenti linee: noi incoraggiamo tutti i Paesi ad avere relazioni diplomatiche con Israele; non facciamo commenti su scambi diplomatici di carattere privato».
Se si volesse dare una lettura da analista della storia diplomatica, osserveremmo quanto segue:
a) L’incoraggiamento dell’America a intrattenere relazioni diplomatiche con Israele era indirizzato a tutti i Paesi;
b) dopo la legge varata da Reagan nel 1984, anche il Vaticano era ormai equiparato agli altri Paesi, mentre per la legge del 1867 esso era solo una “Chiesa”;
c) per proprietà transitiva, anche il Vaticano era incoraggiato a intrattenere relazioni diplomatiche con Israele.
Erano forse già avviati scambi diplomatici privati, probabilmente triangolari tra Santa Sede, Stati Uniti e Israele per il reciproco riconoscimento tra Israele e Santa Sede (cercando di superare l’annosa questione di Gerusalemme e dei Luoghi Santi; per non parlare di quella palestinese), su cui tuttavia l’Amministrazione americana preferiva non commentare.
Non appena dunque Stati Uniti e Vaticano allacciarono relazioni diplomatiche nel vero senso della parola [2], uno dei primi atti di Washington fu dunque di premere presso Giovanni Paolo II, affinché intavolasse trattative per l’allacciamento di relazioni diplomatiche anche con lo Stato d’Israele. Il che significava, in altri termini, una richiesta pressante affincjé la Santa Sede riconoscesse ufficialmente Israele.
Doveva passare ancora dell’acqua sotto i ponti della diplomazia perché ciò avvenisse. Ma i pilastri dei ponti tra Vaticano e Gerusalemme erano stati ormai piantati.
NOTE
[1]George Washington University, William Wilson Papers, Series 5, Subject Files, I: Embassy Files, Box 3, fold 52: US Embassy, Vatican: Memoranda Jan.-Dec. 1984.
[2] Sul punto vedasi da ultimo Andrew M. Essig, Jennifer L. Moore, U.S.–Holy See Diplomacy: The Establishment of Formal Relations, 1984, The Catholic Historical Review - Volume 95, Number 4, October 2009, pp. 741-764. Nonché Raymond L. Flynn, Letter from the Vatican: Common Objectives for Peace SAIS Review - Volume 16, Number 2, Summer-Fall 1996, pp. 143-153.